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Il più bel secolo della mia vita

Un bellissimo film di Alessandro Bardani sul tema dell’abbandono e dell’adozione

 
 
 
 

di Terry Bruno. Un film che ci fa riflettere sui ruoli e sui legami, di sangue o meno, nella nostra società. 

Regia: Alessandro Bardani
Cast: Sergio Castellitto (Augusto), Valerio Lundini (Giovanni), Carla Signoris (Gianna)
Nazionalità: italiana
Distribuzione: Lucky Red
Produzione: Goon Films, Lucky Red con Rai Cinema
Durata: 90′
Nel film è presente il brano inedito La vita com’è di Brunori SAS

 

 

 

Il più bel secolo della mia vita
Sergio Castellitto interpreta Gustavo.

Il più bel secolo della mia vita, uscito da un paio di mesi, è un film ironico, introspettivo, con punte a volte commoventi e a volte divertenti, che porta lo spettatore a vedere gli estremi opposti della vita. È un viaggio tra un mondo reale e uno che potremmo definire surreale, esilarante ed esistenziale che fa riflettere.

Il film accende i riflettori su una legge del 1983, ingiusta e anacronistica, in vigore ancora oggi in Italia, secondo cui un figlio non riconosciuto alla nascita, può conoscere l’identità dei suoi genitori biologici solo al compimento del centesimo anno di età. Ed è proprio questo che lega i due protagonisti del film: Gustavo – centenario – abbandonato in un orfanotrofio (Sergio Castellitto) e il giovane trentenne Giovanni (Valerio Lundini) che, dopo la morte di suo padre avvenuta da poco, ha saputo di essere stato adottato.

Il più bel secolo della mia vita
Valerio Lundini è Giovanni, un adottato.

Tale scoperta, avvenuta in tarda età, ha creato in lui una reazione di rifiuto della madre (Carla Signoris) e il desiderio, quasi ossessivo, di voler conoscere i propri genitori biologici. Per questo motivo diventa uno dei soci attivi dell’associazione Faegn (Associazione nazionale figli adottivi e genitori naturali) che lotta per cambiare tale legge così disastrosa.
Inizia così l’incontro tra i due protagonisti, uno ormai anziano, ma proiettato verso il futuro, e l’altro giovane intrappolato nel suo passato, un passato che vuole conoscere rifiutando il presente: una madre accogliente che ha avuto la colpa di non aver detto la verità.

È necessario dire la veritò ai bambini?

Spesso ci si chiede perché bisogna dire a un bambino adottato la verità. Parlarne subito permette al bambino di poter elaborare l’abbandono, che non è altro che un lutto, una separazione che lascia un vuoto che va colmato.

Il più bel secolo della mia vita
Carla Signoris, la madre adottiva di Giovanni

È un lungo processo e non un singolo episodio, perché si deve essere sempre pronti a dover ritornare su temi magari già considerati perché potrebbero nascere nuove domande o sentire il bisogno di riparlarne ancora. Quando il tutto viene comunicato in tarda età o lo si scopre per caso o per necessità, ci si sente traditi, confusi, non si sa più chi si è.

Infatti Giovanni cerca in Gustavo un complice, un supporto per la condizione che sta vivendo, dicendogli: «Lei è stato abbandonato come me e se una persona non sa da dove viene, è una persona incompleta». Ciò in cui si era creduto cade come un castello di carta sconquassato da un impetuoso e improvviso vento. Si mette in discussione tutto, compreso quell’affetto che si è ricevuto per tantissimo tempo.

Alla rabbia di aver vissuto nella menzogna, si aggiunge la paura, l’angoscia del futuro, di cosa fare. Ed è proprio a questo punto che voglio citare una frase che Gustavo dice a Giovanni: «I figli non so’ di chi li fa, i figli so’ di chi li ama», quell’amore che lui non è riuscito ad avere in tutti quegli anni trascorsi nell’orfanotrofio, aspettando invano che la madre lo portasse via da lì, sottraendolo alle angherie delle suore.

Il più bel secolo della mia vitaIl regista Alessandro Bardani non scade mai nella retorica e porta a riflettere sui ruoli e sui legami, di sangue o meno, nella nostra società e gioca sul contrasto tra i due fratelli di culla (come vengono definiti gli orfani), tra la seriosità del giovane e la leggerezza del vecchio, dosando il tutto molto bene, senza mai eccedere.

Bellissime sono le suggestive immagini di repertorio in bianco e nero che ricordano allo spettatore quanto il mondo possa cambiare in cento anni, accompagnate dalla canzone di Brunori Sas, scritta appositamente per il film.

Il più bel secolo della mia vita è un film che fa riflettere con un delicato humor, affrontando temi importanti come il rapporto genitori/figli, il diritto e il bisogno di conoscere le proprie origini, o anche di non voler sapere, ma soprattutto il saper accettare e perdonare non solo chi ha abbandonato, ma anche chi ha voluto creare una famiglia cercando di dare amore, magari sbagliando, a chi ha il diritto di essere amato.

Per saperne di più

Il trailer del film

Intervista Volo AZ 392 Roma Stoccolma

Intervista alla Dott.ssa Terry Bruno su Cusanonews

 

Volo AZ 392 Roma Stoccolma è un romanzo psicologico che permette al letytore di fare un viaggio dentro di sè. Nel libro vengono presentate situazioni felice e dolorose, a volte comiche e surreali, in una rom a tra gli anni 60 e la fine degli anni 90.

Un libro da leggere!

Presentazione libro Volo AZ 392 Roma Stoccolma

intervista a Terry Bruno e Marta Meschini su 4 Chiaqcchiere con…

 

Volo AZ 392 Roma Stoccolma è un romanzo psicologico, un viaggio alla ricerca di se stessi, di qualcosa che si è perso e che si vuole ritrovare. E’ un libro sul cambiamento, sul coraggio di cambiare, grazie alla presenza di una psicoterapeuta.

Perchè è presente nel libro tale figura? Per due motivi. Il primo è di poter raccontare una storia attraverso dei flashback, avvincenti. Il secondo motivo è quello di poter mandare un messaggio, cioè con l’aiuto di un professionista, di cui spesso si ha paura, è possibile ritrovare se stessi, a superare problemi che si pensa irrisolvibili.

Un libro da leggere!

Storia di una rinascita

Intervista alla Dott.ssa Terry Bruno su KarmaTv

 

Volo Az 392 Roma Stoccolma, è un romanzo psicologico che porta il lettore a riflettere su alcuni aspetti della propria vita. Potremmo definirlo un libro sulla rinascita, in quanto anche da situaxzioni da cui si pensava non riuscire a venirne fuori, c’è sempre la possibilità di riprendere in mano le redini della propria vita.

Un libro da leggere!

SALUS Disagio giovanile

Intervista alla Dott.ssa Terry Bruno su Cusanonews

 

il disagio giovanile si manifesta sempre più con atti di violenza. Spesso si colpevolizzano i genitori per tali comportamenti. E’ una generalizzazione che non sempre rispecchia la realtà. Senz’altro occorre tener presente che i figli prendono da modello, inconsciamente, i propri genitori. Quindi bisogna fare attenzione a cosa si fa in famiglia, ricordando che “violenza richiama violenza”.

 

Il potere di essere gentili

Genera anche autocontrollo, sicurezza, empatia, stima degli altri e di sè

23/07/2023 Posted by a cura di Terry Bruno pubblicato su Karmanews

di Terry Bruno. Ritrovare l’autostima e la self-compassion per vivere in armonia con noi stessi e con gli altri.

La psicoterapeuta Terry Bruno.

La gentilezza è una parola che attualmente è un po’ forse desueta. Siamo abituati a sentire parlare di prevaricazione, aggressività, egoismo, ma di gentilezza, rispetto, perdono, molto poco.
Questo perché molto spesso a queste ultime parole si dà un’accezione di debolezza, di sottomissione. In realtà richiedono una strutturazione ben più complessa.

Ad esempio la gentilezza è un atteggiamento estremamente elaborato. Implica autocontrollo, sicurezza, empatia, stima degli altri e consapevolezza di come rapportarsi con gli altri. Si ottiene molto di più con gentilezza che con indolenza o rudezza.

Essere gentili significa essere empatici e disponibili ad aiutare e empatici (Foto di Geralt da Pixabay).

Vivendo in un mondo cibernetico, un comportamento genera una risposta a esso conseguenziale, per cui l’essere gentile genera gentilezza e una maggiore disponibilità, e le probabilità che possano insorgere conflitti o inasprimenti sono inferiori.

La nostra vita è quasi sempre accompagnata da stress e, di conseguenza, ansia, rabbia, somatizzazioni e stati depressivi complicano il nostro vivere quotidiano. Infatti diventiamo sempre più irritabili, irascibili, poco propensi al dialogo e alla comprensione. Sembra che tutti siano contro di noi, compresi noi stessi.

Cosa ci succede? Cosa ci porta a questo tipo di reazioni?

Il potere di essere gentili
Foto di Alex Green da Pexels.

Il nostro dialogo interno, sempre più critico, ci fa sentire inadeguati non solo nei confronti degli altri, ma anche verso noi stessi. Quante volte ci critichiamo di fronte agli altri, forse per batterli sul tempo prima che possano farlo loro?

“Sono proprio un imbranato” o “Sono negato nel fare i calcoli” o “Sono proprio una frana” o “Sono proprio una balena”. Queste e altre frasi fuoriescono dalla propria bocca, come proiettili vaganti alla ricerca di un unico bersaglio, se stessi.

È un atteggiamento difensivo – che ovviamente rivela mancanza di autostima – che deriva dal bisogno di non essere abbandonati, rifiutati, ed è collegato ai basilari istinti di sopravvivenza.

Ma come si diventa così critici con se stessi?
Lo si acquisisce durante l’infanzia, nella relazione con i genitori. I bambini quando sono piccoli riversano la loro fiducia inconsciamente sui loro genitori, soprattutto per capire e interpretare il mondo intorno a loro e se stessi. Quindi il comportamento genitoriale svolge un ruolo importante nello sviluppo dei propri figli.

Purtroppo spesso i genitori usano il criticismo per tenere i figli al sicuro o per motivarli. Sentiamo frasi del tipo: “Non fare lo stupido, scendi di lì” o “Non farai mai niente nella vita se non studi e ti impegni”. Il risultato? Molti figli pensano che la critica sia l’unico modo per motivarsi. È stato dimostrato che coloro che hanno avuto genitori ipercritici durante l’infanzia, da adulti saranno, con molta probabilità, critici con se stessi.
Ma non sono solo i genitori gli unici influencer, ma qualsiasi altra figura significativa (nonno, insegnante, coach, etc.) tanto da indurre all’inflessibilità verso se stessi e gli altri.

Insicurezza, ma anche depressione e psicosi
Il potere di essere gentiliNumerose ricerche hanno dimostrato che gli stati mentali come il senso di colpa, la vergogna e l’autocritica, possono creare molti disturbi psicologici, che possono andare dalla depressione alle psicosi. Si è osservato che stati mentali positivi, come il senso di felicità, l’ottimismo e la soddisfazione, determinano un migliore benessere fisico e, di conseguenza, gli stati mentali negativi si alleggeriscono.

Risulta allora importante cambiare il modo in cui affrontiamo noi stessi, le nostre imperfezioni, le nostre inadeguatezze che aumentano ancora di più nel momento in cui il nostro criticismo diventa quasi assillante. È un rinchiudersi in una gabbia, in cui apparentemente ci sentiamo al sicuro, ma in realtà è una morsa sempre più stretta che c’impedisce di avanzare. Tali pensieri ci fanno sentire anormali, imperfetti, come se gli altri sono migliori di noi e così ci si isola.

Essere più gentili con se stessi

Il potere di essere gentili
Disegno di RosZie da Pixabay

E allora? Bisogna essere più gentili con se stessi, giudicarsi di meno, potenziare la propria capacità di accettazione. Parliamo di Self-compassion, compassione e comprensione verso ogni pensiero di auto scherno.

In pratica imparare ad autoaccettarsi, ad accogliere tutte le parti di noi stessi (sia positive che meno positive) per come sono. È importante imparare ad accettare anche quelle parti di noi che rifiutiamo perché altrimenti entriamo in un circolo vizioso da cui poi abbiamo difficoltà a uscire, diventando sempre più misantropi e soli.

Se facciamo fatica ad accettarci e ci critichiamo continuamente, probabilmente tale tendenza la estenderemo anche verso gli altri. Allo stesso tempo, forse avremo anche il timore di essere giudicati dagli altri e, magari, cercheremo la loro approvazione. È come se il giudicare gli altri ci tornasse indietro come un boomerang, attraverso gli altri.

Il fenomeno della proiezione

Siamo tutti connessi (Immagine di Geralt da Pixabay).

In psicologia tale fenomeno viene chiamato proiezione, cioè si riscontra negli altri quello che fatichiamo a riconoscere in noi stessi. Uscendo da questa dinamica ci si può rendere conto che anche gli altri vivono le stesse nostre problematiche, magari in modo diverso, e questo evita di personalizzare le proprie paure e il proliferare di pensieri negativi e inutili.

Risulta quindi chiaro quanto sia importante trattarsi con gentilezza e prendersi cura di se stessi se si vuole vivere in uno stato di benessere non solo fisico, ma anche psichico.
Compassione e autocompassione ci aiutano a sentirci parte di un tutto, connessi alle altre persone e non miseramente soli. La cultura occidentale attribuisce grande importanza all’individualità, all’unicità di ogni persona. È giunto forse il momento di iniziare a recuperare tutto quello che ci permette di essere connessi, vicini e capire come il nostro dolore abbia un corrispettivo nel dolore dell’altro.

Violenza tecnologica: il revenge porn

Una nuova piaga sociale legata al cyber bullismo: il sextortion, il sexting e il grooming.

di Terry Bruno. Chi si fa ritrarre in pose sexy rischia di ritrovarsi online con conseguenze psicologiche drammatiche.

Come vi sentireste se il vostro corpo o un video di un vostro rapporto sessuale fosse visto da tutti, senza il vostro consenso?  Come vi sentireste nel sapere che colui che lo ha fatto è una persona che avete amato, con la quale avete avuto una relazione, intimità?

La violenza tecnologica: il revenge porn
Foto di inna mykytas da Pixabay

Di fronte a tali azioni ci si sente violati, traditi, e l’emozione predominante è sempre la vergogna. L’imbarazzo e il sentimento di umiliazione sono alla base del revenge porn.

Vi sarà forse capitato di scattare una fotografia in cui mostrate una vostra nudità o di fare un video a contenuto sessuale, poi entrati in possesso di un’altra persona. Anche se siete stati voi a inoltrarli, non si possono diffondere.

Se tutto questo viene fatto senza il vostro consenso, si commette un reato: il revenge porn.
Questo modo di agire alquanto riprovevole si è purtroppo diffuso sia tra adulti che tra giovani in modo esponenziale negli ultimi anni.

Ma chi c’è alla base di tale fenomeno?
Un ex partner che vuole vendicarsi per un oltraggio subito, come ad esempio la non accettazione di essere stato lasciato; per rancore personale o per recare semplicemente un danno. Questa forma di violenza tecnologica, non accenna ad arrestarsi e ha raggiunto l’apice nel periodo pandemico e i relativi lockdown. Le conseguenze psicologiche per chi ne è vittima sono drammatiche e gli effetti si possono osservare nella vita relazionale e professionale della persona, oltre alla compromissione della loro reputazione digitale.

Le varie forme della pornografia non consensuale

La violenza tecnologica: il revenge porn
Photo-Marina Ryazantseva da Pexels.

Oltre al revenge porn abbiamo il sextortion, il sexting e il grooming.

Con il sextortion la vittima viene intimidita con la minaccia di condividere pubblicamente immagini e video intimi e privati se non paga un compenso o se non consente a instaurare una relazione.

L’estorsore potrebbe essere una persona vicina alla vittima, un adescatore/adescatrice che filma in tempo reale la vittima in atteggiamenti intimi.

Un’altra modalità è quella di registrare, attraverso un particolare programma che attiva la web del PC, delle abitudini insolite come il visitare un sito pornografico.

Il sexting è, invece, l’invio di messaggi, registrazioni audio, foto o video intimi di natura sessuale attraverso le piattaforme digitali, i social e il proprio smartphone. C’è però il rischio che tale invio possa diventare virale, in quanto può essere a sua volta inoltrato e condiviso senza il consenso di chi è oggetto di violazione. In questo caso parliamo di sexting secondario.

Voi potreste chiedervi perché avviene tutto questo? Ebbene tale fenomeno è comune tra gli adolescenti per esprimere ed esplorare la sessualità, ma anche per mantenere una relazione o per cercare feedback sul proprio aspetto fisico e aumentare la propria autostima. In pratica, è considerato una strategia per ottenere l’accettazione nel gruppo dei pari.

La violenza tecnologica: il revenge porn
Sharon Stone e Michael Douglas in “Basic Instinct”

Il grooming, o adescamento online, che si basa sull’invio di immagini, video o situazioni online via webcam, di contenuto sessuale. In questo caso abbiamo un adulto che, desiderando una relazione che lo ecciti sessualmente, sceglie tra i vari minori, la vittima più fragile.

Il groomer conquista gradualmente la sua fiducia per indurla ad accettare un incontro offline. Inizia con argomenti banali (hobby, amici, scuola) per arrivare a richieste di confidenze sessuali, anche con dichiarazioni di trasporto sentimentale, sino a chiedere immagini osè a dimostrazione del legame instaurato. Purtroppo, in seguito, tutto questo viene anche utilizzata per far tacere la vittima dopo l’abuso.

Le conseguenze psicologiche e sociali

Le conseguenze psicologiche e sociali nelle vittime di revenge porn sono varie: un forte stress emotivo e/o depressione; danni significativi a livello sociale e/o lavorativo; ansia estesa e ricorrente; possibili pensieri suicidari.

La violenza tecnologica: il revenge porn
Foto di Natálie Šteyerová da Pixabay.

Come conseguenza della diffusione di materiale sessuale le vittime di revenge porn possono essere anche vittime di stalking e di molestie sessuali da parte di sconosciuti che hanno trovato i loro riferimenti sul web.

Talvolta le molestie possono diventare così intollerabili da indurre a cambiare il proprio nome e Paese. Le donne possono subire anche la perdita del lavoro a causa della visione di materiale sessualmente esplicito. È un danno continuo e di lunga durata in cui le vittime vivono costantemente la paura di essere riconosciute. Il non sapere chi e quanti possano aver visto il materiale condiviso può interferire negativamente nella quotidianità.

Si ha la perdita della propria autostima e la solitudine diventa la compagna quotidiana. Molto spesso si vivono sensi di colpa collegati al pregiudizio sociale che possiamo sintetizzarlo nella frase: “Se l’è cercata”. Un dato importante è che tra le vittime di revenge porn solo il 10% è di sesso maschile.

Perché un uomo attua tale comportamento?

Foto di Timur Weber da Pexels

Nei casi di revenge porn, spesso l’uomo prova piacere nel sentire di poter controllare la ex partner anche dopo la fine della relazione. Il pensiero di poter ancora infliggerle sofferenza lo fa sentire potente. In genere è psicologicamente instabile, con una personalità narcisistica o paranoide. Il narcisista è vulnerabile sul piano dell’autostima, per cui si percepisce inferiore sia dal punto di vista psicologico che fisico.

Questo determina l’insorgenza di rabbia e rancore che alimentano le vendette. Minato nel suo ego, non accetta i rifiuti da parte del partner. Il paranoide è, invece, concentrato sulle considerazioni negative dei comportamenti altrui. Il suo obiettivo è sventare quei tentativi che potrebbero umiliarlo, per cui contrattacca.

Dal punto di vista legale, chi diffonde immagini/video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, senza il consenso delle persone rappresentate viene punito penalmente con la reclusione da uno a sei anni e con una multa da 5.000 a 15.000 euro. Questa pena può essere aumentata se la diffusione viene effettuata dall’ex coniuge o da qualcuno che è o è stato legato in modo intimo con la vittima. Ma anche se la vittima è una persona con inferiorità fisica o psichica, o in stato di gravidanza.

Come tutelarsi dal Revenge Porn?
Occorre evitare lo scambio di immagini di natura sessuale anche ai fidanzati, perché nel momento della chiusura del rapporto potrebbero condividere le immagini intime nelle chat di Revenge Porn. Sarebbe opportuno evitare di tenere tali immagini nei propri device (cellulari e computer) perché possono essere hackerati. Se si sospetta di essere vittime di Revenge Porn, segnalare subito alla Polizia Postale.

Sarebbe opportuno un maggiore dialogo tra gli adulti di riferimento e i ragazzi (addirittura anche in tenera età), un dialogo spesso bloccato perché i genitori si aspettano che siano i figli a porre loro delle domande. A loro volta i ragazzi non fanno domande sul sesso perché in imbarazzo e perché temono di essere giudicati o che i loro quesiti siano “sbagliati”.  Preferiscono, allora, cercare le risposte sui social, su Internet o su blog gestiti da altri pari, trovando risposte non sempre del tutto corrette. Il rischio è la diffusione di false credenze e aspettative sbagliate sulla sfera sessuale, emotiva e relazionale. Allora occorre effettuare un’educazione sessuale, emotiva, di genere, che porti i ragazzi al rispetto e non alla sopraffazione, e le ragazze a non fare nulla per compiacere il maschio se non vogliono.

Aumentare la consapevolezza del fenomeno del revenge porn permette di riconoscere quanto la tecnologia possa essere sempre più utilizzata per molestare, intimidire, umiliare gli altri. E quanto sia importante effettuare un’educazione digitale utile a conoscere i rischi e le conseguenze su ciò che viene effettuato in rete e su come tutelarsi.

Foto di copertina di Roy Clarke da Pixabay

Per saperne di più:
Leggere anche di Terry Bruno: “Mia” come distruggere una vita
Revenge porn: Wikipedia
Cosa dice la legge

Mia

Un film molto attuale sull’adolescenza e i pericoli di relazioni troppo aperte

13/05/2023 Posted by a cura di Terry Bruno, pubblicato su Karmanews

di Terry Bruno. Come un incontro trasgressivo può rovinare la vita di una ragazza.

Regia:
Ivano del Matteo
Genere: Drammatico
Attori: Greta Gasparri, Edoardo Leo, Milena Mancini, Riccardo Mandolini.
Anno: 2023
Paese: Italia
Durata: 108 min
Distribuzione: 01 Distribution

Mia è un film che colpisce l’anima e, se sei genitore, ti sconvolge perché mette a nudo una cruda realtà: quanto gli adolescenti possono distruggersi o rendersi felici. Basta poco per passare da una situazione all’altra, dall’essere spensierati al ritrovarsi in una morsa da cui non hai scampo. Relazioni insane che diventano sempre più frequenti.

Ma come si è giunti in questa rete vischiosa e malsana? Come è possibile che colui che hai creduto essere la persona che ti faceva sentire al centro del mondo, ha deciso di distruggerti, senza pietà, senza sentimento, solo per una misera vendetta per appagare un proprio ego insignificante?

Marco: una continua violenza psicologica

"Mia": come distruggere una vita

Il film diretto da Ivano De Matteo, racconta la storia di Mia, una dolce quindicenne, la cui vita e quella della sua famiglia viene stravolta dall’arrivo di Marco, un ragazzo più grande di lei di cui s’invaghisce.

Inizia così il cambiamento di Mia, da essere una ragazza solare, sportiva (gioca a pallavolo), comunicativa, diventa sempre più triste, asociale e sempre più a stretto contatto con Marco, che non fa altro che denigrare le amiche, il suo modo di vestirsi, di truccarsi, in pratica una continua violenza psicologica da cui la ragazza non riesce a sottrarsi.

Al centro di questa drammatica storia c’è il bellissimo rapporto di amore tra il padre, un bravissimo Edoardo Leo, e la figlia, Greta Gasparri, insuperabile nell’interpretazione di Mia. Un rapporto speciale che permette a Mia di riprendere in mano la sua vita e di decidere di lasciare Marco. Nessuna decisione fu più fatale. Colpito nel suo ego e non accettando un rifiuto, mette in rete le fotografie più intime e i filmati più confidenziali fatti senza il permesso della ragazza, che appena ne viene a conoscenza reagisce tragicamente.

Il revenge porn, una “vendetta” pornografica

"Mia": come distruggere una vita
Greta Gasparri è “Mia”

Ci troviamo di fronte a quello che viene definito Revenge porn, una forma di violenza psicologica, una “vendetta” pornografica, in cui vengono diffusi online immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona ritratta, con l’obiettivo di umiliarla e danneggiarla. Spesso sono ex fidanzati a divulgare queste immagini per “punire” la ex per aver interrotto la relazione.

È una sorta di cyberbullismo o abuso tecnologico che crea una sensazione di violazione e invasione della propria intimità. Questa esperienza va a colpire la propria identità e integrità personale determinando sensi di colpa, vergogna, sfiducia negli altri e nella propria esistenza, sino a sfociare nel suicidio. Spesso l’uomo prova piacere nel sentire di essere in grado, anche dopo la fine della relazione, di controllare la ex partner e di infliggerle sofferenza.

L’importanza di una famiglia che supporti gli adolescenti

"Mia": come distruggere una vita
Mia, con i genitori (Milena Mancini e Edoardo Leo).

Purtroppo gli adolescenti sono altamente fragili e vulnerabili in quest’epoca mediata dai social network e quindi più esposti al sexting (invio di immagini intime tramite internet o telefono) e al sextortion (sex ed extortion: estorsione di denaro con la minaccia di pubblicare immagini sessuali esplicite) che in genere precedono il revenge porn.

Il sexting è una modalità ad alto rischio e può dare l’opportunità a una vendetta pornografica. È anche un modo di vivere, da parte delle ragazze, la sessualità e l’intimità diversamente da un tempo. Alla base c’è la ricerca di attenzione da parte del partner e, nello stesso tempo, di esprimere una capacità seduttiva.

Mia, è un film di denuncia – da vedere! – ma è anche espressione di quanto sia importante la presenza di una famiglia che supporti e ascolti una generazione che vuole diventare grande velocemente, ma che non ha ancora gli strumenti e l’emotività per farlo.

Per saperne di più:

Trailer “Mia”

Intelligenza artificiale e Psicologia

Psicologia e intelligenza artificiale sono due materie estremamente complesse e apparentemente molto distinte l’una dall’altra.

Gerd Altmann da Pixabay

È possibile definire l’intelligenza artificiale come la disciplina informatica che si occupa dello sviluppo di hardware e software per ottenere sistemi informatici intelligenti in grado di simulare capacità e comportamenti umani.

La psicologia, invece, è la scienza che si occupa dello studio dei processi mentali, e di quelli emotivi, cognitivi, sociali e comportamentali visibili nelle relazioni umane.

Ma qual è il punto di contatto tra loro?

Il primo legame si riscontra nelle CHATBOT.

Un chatbot è un software che simula ed elabora le conversazioni umane (scritte o parlate), consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale.

Sono in grado di rispondere sia a domande semplici formulate in una sola riga, sia a richieste elaborate che richiedono livelli più sofisticati.

Eliza, chatbot realizzato da Joseph Wizenbaum, è nato nell’Artificial Intelligence Laboratory del Massachusetts Institute of Techgnology (MIT) nel 1966. Esso riprende, come una parodia, un terapeuta rogersiano che dialoga con un paziente tramite domande che, in realtà, altro non sono che la riformulazione di frasi precedentemente pronunciate dal paziente stesso. Un esempio: se il paziente dice “Mio padre mi odia”, la domanda successiva di Eliza sarà una riformulazione di questa frase, tipo “Chi altro nella tua famiglia di odia?” e così via.

La scelta di applicare il sistema alla psicoterapia è stata dettata dal fatto che la seduta psicoterapeutica è una di quelle poche situazioni in cui un essere umano può rispondere a una affermazione con una domanda che parte da quella poca conoscenza del soggetto in discussione.

Eliza, con un notevole successo, ha permesso di verificare il test di Touring, ovvero di valutare se una macchina può avere la capacità di ragionare come un essere umano.

Tale psicoterapeuta virtuale non sostituirà mai il lavoro di un terapeuta umano, ma potrà svolgere funzioni di supporto come effettuare il triage di un paziente, essere completamente gratuito, o anche fornire costante reperibilità. 

Tuttavia, i chatbot possono essere uno strumento innovativo e utilissimo per chi vuole avere maggiori informazioni sulla psicoterapia, su come funziona, quanto dura, e per iniziare un percorso di cura.

Autori

Vincenzo Monteleone
Michela Peluzzi

Intervista dott.ssa Terry Bruno: Body Shaming

 

 

 

 

 

Il Body shaming lo possiamo definire un bullismo verbale effettuato tramite i social network con l’obiettivo di fare del male a una persona, colpendola su alcune caratteristiche considerate anomale.