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Il film: The Son

Un film sulle problematiche adolescenziali e il difficile rapporto con i genitori

23/07/2023 Posted by a cura di Terry Bruno pubblicato su Karmanews

di Terry Bruno. Quando i figli sconvolgono la vita ai genitori (ma anche i genitori ai figli).

Titolo: The Son
Regia: Florian Zeller
Anno: 2022
Durata: 123′
Genere: Drammatico
Cast: Hugh Jackman, Laura Dern, Vanessa Kirby, Zen McGrath
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: 09 febbraio 2023

Il film: The son
Il regista Florian Zeller.

Dopo The father, Florian Zeller ci regala un altro capolavoro, The Son, un viaggio nella mente dell’uomo con i suoi trabocchetti e le sue complessità.

Il tema principale di questo bellissimo film è il rapporto genitori/figli, particolarmente in una fase difficile della vita: l’adolescenza. Quante volte ci siamo trovati di fronte a situazioni che ci hanno colto impreparati e che ci hanno disorientato? Cosa fare di fronte a delle richieste di aiuto spesso non esplicite, ma espresse attraverso comportamenti ribelli, provocatori, incomprensibili per una generazione, come quella adulta, che ha dimenticato la propria adolescenza?

Molto spesso il silenzio domina il rapporto, particolarmente quando non è stato mai costruito e, quando si cerca di farlo, si emerge annaspando alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi. Alcune volte ci si riesce, molte altre, la disperazione e il dolore fanno da padroni.

Il film: The son
Hugh Hackman interpreta il padre di Nicolas.

Le emozioni hanno un ruolo predominante in questo film, tramite flashback che straziano il cuore: momenti felici che sembrano ormai lontani anni luce e che poi vengono sostituiti da incomprensioni, silenzi, frustrazioni che portano rabbia, impotenza. Espressioni della fragilità umana.

E come spesso accade ciò che manca o risulta essere distorta, in questa dinamica familiare, è la comunicazione. Il non sentirsi capiti, ascoltati, di frequente giudicati, non fanno altro che alzare le barriere, aumentando quel gap, già così ampio. L’adolescenza rappresenta una dura prova per tutti, figli e genitori, e lo si può toccare con mano nel film nelle difficoltà che Peter e Kate hanno con il figlio Nicolas, dopo la loro separazione.

Il diciassettenne Nicolas vive un malessere profondo, chiuso in se stesso, nella sua difficoltà di vivere, nel suo bisogno di essere amato. Il mondo gli sembra ostile e arido. Nulla riesce a dargli un briciolo di felicità. Le assenze a scuola diventano una costante e le relazioni con i coetanei si riducono notevolmente. Tale tipo di comportamento lo ritroviamo in molti adolescenti, alle prese con il loro cambiamento. In alcuni il disagio è talmente forte da rifiutare ogni contatto con la società, come nel caso dell’Hikikomori, che in giapponese significa proprio “stare in disparte”.

La madre Kate si ritrova dopo la separazione a dover gestire il malessere del figlio senza grandi risultati, e a chiedere all’ex marito Peter, risposatosi e con un figlio nato da poco, di accoglierlo in casa, nella speranza di un cambiamento.

Situazioni familiari

Il film: The son
Nicolas (Zen McGrath) con la madre (Laura Dern).

Molto spesso mi capita in terapia di vivere tali situazioni, specialmente dopo una separazione burrascosa. Soprattutto in seguito a un tradimento che determina l’abbandono del nucleo familiare da parte del genitore che ha tradito. Se questo accade in tenera età, senza un opportuno supporto emotivo, i figli possono sentirsi causa di tale cambiamento e magari non degni di essere amati, vivendo un abbandono incomprensibile. La rabbia, allora, comincia a prendere corpo, a diventare sempre più subdola ed esplosiva, manifestandosi anche attraverso forme di autolesionismo.

Ed è proprio quello che succede a Nicolas, quando la sua infanzia viene stravolta dalla separazione e dall’assenza quotidiana del padre. Un’assenza che non riesce a capire e il suo dolore aumenta nel vedere soffrire la madre e sentendosi impotente di fronte a tale situazione. Nel momento in cui il padre lo accoglie nella sua nuova casa, ormai adolescente, nella speranza anche di ristabilire un rapporto interrotto, Nicolas incomincia una nuova vita. Come accade in molte situazioni, la voglia di cambiamento inizialmente è stimolante, ma ben presto ciò che si ha dentro comincia a emergere.

Quando il padre non capisce
Bellissimo è proprio questo passaggio nel film, la voglia di Peter (Hugh Jackman) di voler riprendere il suo rapporto con Nicolas, nonostante la sua brillante carriera di avvocato proiettata verso il successo politico e la nuova vita del ragazzo. Apparentemente sembra che tutto stia migliorando. Purtroppo la realtà è ben diversa: Nicolas continua ad avere atteggiamenti autolesionistici, a non andare a scuola e a chiudersi spesso in un silenzio assordante. La scoperta di tali comportamenti è una doccia fredda per Peter, che non riesce a capire e ad ammettere l’infelicità, la passività, il disagio di suo figlio.

Il film: The son
Padre e figlio sembrano ritrovarsi: sarà per poco.

Lo affronta allora con maggiore rudezza e virilità per cercare di stimolarlo e presentargli un modo di reagire diverso. Ma pur avendo le migliori intenzioni, il risultato è una maggiore sfiducia e allontanamento del figlio, che non si sente capito, ascoltato nel suo dolore.

A volte i genitori pensano di poter e dover controllare la vita dei propri figli, e anche il loro umore, ma ben presto scoprono la loro vulnerabilità, fragilità e impotenza soprattutto quando si ritrovano ad affrontare esperienze devastanti come le conseguenze di un malessere molto profondo.

The Son è uno spaccato di vita in cui i genitori possono rispecchiarsi e cercare di capire alcuni aspetti del loro modo di agire. Anche gli adolescenti hanno la possibilità di vedere le cose da prospettive diverse, di capire a loro volta che  c’è sempre un’alternativa alle soluzioni definitive, perché la vita è sì impalpabile, ma se la si affronta con il giusto aiuto può essere entusiasmante.

Per saperne di più

Il trailer: The Son

Violenza tecnologica: il revenge porn

Una nuova piaga sociale legata al cyber bullismo: il sextortion, il sexting e il grooming.

di Terry Bruno. Chi si fa ritrarre in pose sexy rischia di ritrovarsi online con conseguenze psicologiche drammatiche.

Come vi sentireste se il vostro corpo o un video di un vostro rapporto sessuale fosse visto da tutti, senza il vostro consenso?  Come vi sentireste nel sapere che colui che lo ha fatto è una persona che avete amato, con la quale avete avuto una relazione, intimità?

La violenza tecnologica: il revenge porn
Foto di inna mykytas da Pixabay

Di fronte a tali azioni ci si sente violati, traditi, e l’emozione predominante è sempre la vergogna. L’imbarazzo e il sentimento di umiliazione sono alla base del revenge porn.

Vi sarà forse capitato di scattare una fotografia in cui mostrate una vostra nudità o di fare un video a contenuto sessuale, poi entrati in possesso di un’altra persona. Anche se siete stati voi a inoltrarli, non si possono diffondere.

Se tutto questo viene fatto senza il vostro consenso, si commette un reato: il revenge porn.
Questo modo di agire alquanto riprovevole si è purtroppo diffuso sia tra adulti che tra giovani in modo esponenziale negli ultimi anni.

Ma chi c’è alla base di tale fenomeno?
Un ex partner che vuole vendicarsi per un oltraggio subito, come ad esempio la non accettazione di essere stato lasciato; per rancore personale o per recare semplicemente un danno. Questa forma di violenza tecnologica, non accenna ad arrestarsi e ha raggiunto l’apice nel periodo pandemico e i relativi lockdown. Le conseguenze psicologiche per chi ne è vittima sono drammatiche e gli effetti si possono osservare nella vita relazionale e professionale della persona, oltre alla compromissione della loro reputazione digitale.

Le varie forme della pornografia non consensuale

La violenza tecnologica: il revenge porn
Photo-Marina Ryazantseva da Pexels.

Oltre al revenge porn abbiamo il sextortion, il sexting e il grooming.

Con il sextortion la vittima viene intimidita con la minaccia di condividere pubblicamente immagini e video intimi e privati se non paga un compenso o se non consente a instaurare una relazione.

L’estorsore potrebbe essere una persona vicina alla vittima, un adescatore/adescatrice che filma in tempo reale la vittima in atteggiamenti intimi.

Un’altra modalità è quella di registrare, attraverso un particolare programma che attiva la web del PC, delle abitudini insolite come il visitare un sito pornografico.

Il sexting è, invece, l’invio di messaggi, registrazioni audio, foto o video intimi di natura sessuale attraverso le piattaforme digitali, i social e il proprio smartphone. C’è però il rischio che tale invio possa diventare virale, in quanto può essere a sua volta inoltrato e condiviso senza il consenso di chi è oggetto di violazione. In questo caso parliamo di sexting secondario.

Voi potreste chiedervi perché avviene tutto questo? Ebbene tale fenomeno è comune tra gli adolescenti per esprimere ed esplorare la sessualità, ma anche per mantenere una relazione o per cercare feedback sul proprio aspetto fisico e aumentare la propria autostima. In pratica, è considerato una strategia per ottenere l’accettazione nel gruppo dei pari.

La violenza tecnologica: il revenge porn
Sharon Stone e Michael Douglas in “Basic Instinct”

Il grooming, o adescamento online, che si basa sull’invio di immagini, video o situazioni online via webcam, di contenuto sessuale. In questo caso abbiamo un adulto che, desiderando una relazione che lo ecciti sessualmente, sceglie tra i vari minori, la vittima più fragile.

Il groomer conquista gradualmente la sua fiducia per indurla ad accettare un incontro offline. Inizia con argomenti banali (hobby, amici, scuola) per arrivare a richieste di confidenze sessuali, anche con dichiarazioni di trasporto sentimentale, sino a chiedere immagini osè a dimostrazione del legame instaurato. Purtroppo, in seguito, tutto questo viene anche utilizzata per far tacere la vittima dopo l’abuso.

Le conseguenze psicologiche e sociali

Le conseguenze psicologiche e sociali nelle vittime di revenge porn sono varie: un forte stress emotivo e/o depressione; danni significativi a livello sociale e/o lavorativo; ansia estesa e ricorrente; possibili pensieri suicidari.

La violenza tecnologica: il revenge porn
Foto di Natálie Šteyerová da Pixabay.

Come conseguenza della diffusione di materiale sessuale le vittime di revenge porn possono essere anche vittime di stalking e di molestie sessuali da parte di sconosciuti che hanno trovato i loro riferimenti sul web.

Talvolta le molestie possono diventare così intollerabili da indurre a cambiare il proprio nome e Paese. Le donne possono subire anche la perdita del lavoro a causa della visione di materiale sessualmente esplicito. È un danno continuo e di lunga durata in cui le vittime vivono costantemente la paura di essere riconosciute. Il non sapere chi e quanti possano aver visto il materiale condiviso può interferire negativamente nella quotidianità.

Si ha la perdita della propria autostima e la solitudine diventa la compagna quotidiana. Molto spesso si vivono sensi di colpa collegati al pregiudizio sociale che possiamo sintetizzarlo nella frase: “Se l’è cercata”. Un dato importante è che tra le vittime di revenge porn solo il 10% è di sesso maschile.

Perché un uomo attua tale comportamento?

Foto di Timur Weber da Pexels

Nei casi di revenge porn, spesso l’uomo prova piacere nel sentire di poter controllare la ex partner anche dopo la fine della relazione. Il pensiero di poter ancora infliggerle sofferenza lo fa sentire potente. In genere è psicologicamente instabile, con una personalità narcisistica o paranoide. Il narcisista è vulnerabile sul piano dell’autostima, per cui si percepisce inferiore sia dal punto di vista psicologico che fisico.

Questo determina l’insorgenza di rabbia e rancore che alimentano le vendette. Minato nel suo ego, non accetta i rifiuti da parte del partner. Il paranoide è, invece, concentrato sulle considerazioni negative dei comportamenti altrui. Il suo obiettivo è sventare quei tentativi che potrebbero umiliarlo, per cui contrattacca.

Dal punto di vista legale, chi diffonde immagini/video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, senza il consenso delle persone rappresentate viene punito penalmente con la reclusione da uno a sei anni e con una multa da 5.000 a 15.000 euro. Questa pena può essere aumentata se la diffusione viene effettuata dall’ex coniuge o da qualcuno che è o è stato legato in modo intimo con la vittima. Ma anche se la vittima è una persona con inferiorità fisica o psichica, o in stato di gravidanza.

Come tutelarsi dal Revenge Porn?
Occorre evitare lo scambio di immagini di natura sessuale anche ai fidanzati, perché nel momento della chiusura del rapporto potrebbero condividere le immagini intime nelle chat di Revenge Porn. Sarebbe opportuno evitare di tenere tali immagini nei propri device (cellulari e computer) perché possono essere hackerati. Se si sospetta di essere vittime di Revenge Porn, segnalare subito alla Polizia Postale.

Sarebbe opportuno un maggiore dialogo tra gli adulti di riferimento e i ragazzi (addirittura anche in tenera età), un dialogo spesso bloccato perché i genitori si aspettano che siano i figli a porre loro delle domande. A loro volta i ragazzi non fanno domande sul sesso perché in imbarazzo e perché temono di essere giudicati o che i loro quesiti siano “sbagliati”.  Preferiscono, allora, cercare le risposte sui social, su Internet o su blog gestiti da altri pari, trovando risposte non sempre del tutto corrette. Il rischio è la diffusione di false credenze e aspettative sbagliate sulla sfera sessuale, emotiva e relazionale. Allora occorre effettuare un’educazione sessuale, emotiva, di genere, che porti i ragazzi al rispetto e non alla sopraffazione, e le ragazze a non fare nulla per compiacere il maschio se non vogliono.

Aumentare la consapevolezza del fenomeno del revenge porn permette di riconoscere quanto la tecnologia possa essere sempre più utilizzata per molestare, intimidire, umiliare gli altri. E quanto sia importante effettuare un’educazione digitale utile a conoscere i rischi e le conseguenze su ciò che viene effettuato in rete e su come tutelarsi.

Foto di copertina di Roy Clarke da Pixabay

Per saperne di più:
Leggere anche di Terry Bruno: “Mia” come distruggere una vita
Revenge porn: Wikipedia
Cosa dice la legge

Mia

Un film molto attuale sull’adolescenza e i pericoli di relazioni troppo aperte

13/05/2023 Posted by a cura di Terry Bruno, pubblicato su Karmanews

di Terry Bruno. Come un incontro trasgressivo può rovinare la vita di una ragazza.

Regia:
Ivano del Matteo
Genere: Drammatico
Attori: Greta Gasparri, Edoardo Leo, Milena Mancini, Riccardo Mandolini.
Anno: 2023
Paese: Italia
Durata: 108 min
Distribuzione: 01 Distribution

Mia è un film che colpisce l’anima e, se sei genitore, ti sconvolge perché mette a nudo una cruda realtà: quanto gli adolescenti possono distruggersi o rendersi felici. Basta poco per passare da una situazione all’altra, dall’essere spensierati al ritrovarsi in una morsa da cui non hai scampo. Relazioni insane che diventano sempre più frequenti.

Ma come si è giunti in questa rete vischiosa e malsana? Come è possibile che colui che hai creduto essere la persona che ti faceva sentire al centro del mondo, ha deciso di distruggerti, senza pietà, senza sentimento, solo per una misera vendetta per appagare un proprio ego insignificante?

Marco: una continua violenza psicologica

"Mia": come distruggere una vita

Il film diretto da Ivano De Matteo, racconta la storia di Mia, una dolce quindicenne, la cui vita e quella della sua famiglia viene stravolta dall’arrivo di Marco, un ragazzo più grande di lei di cui s’invaghisce.

Inizia così il cambiamento di Mia, da essere una ragazza solare, sportiva (gioca a pallavolo), comunicativa, diventa sempre più triste, asociale e sempre più a stretto contatto con Marco, che non fa altro che denigrare le amiche, il suo modo di vestirsi, di truccarsi, in pratica una continua violenza psicologica da cui la ragazza non riesce a sottrarsi.

Al centro di questa drammatica storia c’è il bellissimo rapporto di amore tra il padre, un bravissimo Edoardo Leo, e la figlia, Greta Gasparri, insuperabile nell’interpretazione di Mia. Un rapporto speciale che permette a Mia di riprendere in mano la sua vita e di decidere di lasciare Marco. Nessuna decisione fu più fatale. Colpito nel suo ego e non accettando un rifiuto, mette in rete le fotografie più intime e i filmati più confidenziali fatti senza il permesso della ragazza, che appena ne viene a conoscenza reagisce tragicamente.

Il revenge porn, una “vendetta” pornografica

"Mia": come distruggere una vita
Greta Gasparri è “Mia”

Ci troviamo di fronte a quello che viene definito Revenge porn, una forma di violenza psicologica, una “vendetta” pornografica, in cui vengono diffusi online immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona ritratta, con l’obiettivo di umiliarla e danneggiarla. Spesso sono ex fidanzati a divulgare queste immagini per “punire” la ex per aver interrotto la relazione.

È una sorta di cyberbullismo o abuso tecnologico che crea una sensazione di violazione e invasione della propria intimità. Questa esperienza va a colpire la propria identità e integrità personale determinando sensi di colpa, vergogna, sfiducia negli altri e nella propria esistenza, sino a sfociare nel suicidio. Spesso l’uomo prova piacere nel sentire di essere in grado, anche dopo la fine della relazione, di controllare la ex partner e di infliggerle sofferenza.

L’importanza di una famiglia che supporti gli adolescenti

"Mia": come distruggere una vita
Mia, con i genitori (Milena Mancini e Edoardo Leo).

Purtroppo gli adolescenti sono altamente fragili e vulnerabili in quest’epoca mediata dai social network e quindi più esposti al sexting (invio di immagini intime tramite internet o telefono) e al sextortion (sex ed extortion: estorsione di denaro con la minaccia di pubblicare immagini sessuali esplicite) che in genere precedono il revenge porn.

Il sexting è una modalità ad alto rischio e può dare l’opportunità a una vendetta pornografica. È anche un modo di vivere, da parte delle ragazze, la sessualità e l’intimità diversamente da un tempo. Alla base c’è la ricerca di attenzione da parte del partner e, nello stesso tempo, di esprimere una capacità seduttiva.

Mia, è un film di denuncia – da vedere! – ma è anche espressione di quanto sia importante la presenza di una famiglia che supporti e ascolti una generazione che vuole diventare grande velocemente, ma che non ha ancora gli strumenti e l’emotività per farlo.

Per saperne di più:

Trailer “Mia”

Visualizzazione Motivazionale

Intelligenza artificiale e Psicologia

Psicologia e intelligenza artificiale sono due materie estremamente complesse e apparentemente molto distinte l’una dall’altra.

Gerd Altmann da Pixabay

È possibile definire l’intelligenza artificiale come la disciplina informatica che si occupa dello sviluppo di hardware e software per ottenere sistemi informatici intelligenti in grado di simulare capacità e comportamenti umani.

La psicologia, invece, è la scienza che si occupa dello studio dei processi mentali, e di quelli emotivi, cognitivi, sociali e comportamentali visibili nelle relazioni umane.

Ma qual è il punto di contatto tra loro?

Il primo legame si riscontra nelle CHATBOT.

Un chatbot è un software che simula ed elabora le conversazioni umane (scritte o parlate), consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale.

Sono in grado di rispondere sia a domande semplici formulate in una sola riga, sia a richieste elaborate che richiedono livelli più sofisticati.

Eliza, chatbot realizzato da Joseph Wizenbaum, è nato nell’Artificial Intelligence Laboratory del Massachusetts Institute of Techgnology (MIT) nel 1966. Esso riprende, come una parodia, un terapeuta rogersiano che dialoga con un paziente tramite domande che, in realtà, altro non sono che la riformulazione di frasi precedentemente pronunciate dal paziente stesso. Un esempio: se il paziente dice “Mio padre mi odia”, la domanda successiva di Eliza sarà una riformulazione di questa frase, tipo “Chi altro nella tua famiglia di odia?” e così via.

La scelta di applicare il sistema alla psicoterapia è stata dettata dal fatto che la seduta psicoterapeutica è una di quelle poche situazioni in cui un essere umano può rispondere a una affermazione con una domanda che parte da quella poca conoscenza del soggetto in discussione.

Eliza, con un notevole successo, ha permesso di verificare il test di Touring, ovvero di valutare se una macchina può avere la capacità di ragionare come un essere umano.

Tale psicoterapeuta virtuale non sostituirà mai il lavoro di un terapeuta umano, ma potrà svolgere funzioni di supporto come effettuare il triage di un paziente, essere completamente gratuito, o anche fornire costante reperibilità. 

Tuttavia, i chatbot possono essere uno strumento innovativo e utilissimo per chi vuole avere maggiori informazioni sulla psicoterapia, su come funziona, quanto dura, e per iniziare un percorso di cura.

Autori

Vincenzo Monteleone
Michela Peluzzi

Intervista dott.ssa Terry Bruno: Body Shaming

 

 

 

 

 

Il Body shaming lo possiamo definire un bullismo verbale effettuato tramite i social network con l’obiettivo di fare del male a una persona, colpendola su alcune caratteristiche considerate anomale.

Intervista Dott.ssa Terry Bruno: donne, vittime o carnefici

 

 

 

 

 

Nell’intervista vengono esaminati alcuni aspetti dell’essere donna oggi: una madre che abbandona il proprio neonato e una vittima di stupro in pieno giorno, a confronto con l’opinione pubblica.

 

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