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II Incontro

Ninna nanna~ninna onda: un gioco d’amore che dà sicurezza

“Siamo alla seconda tappa del nostro viaggio nel fantastico mondo della comunicazione. Siamo arrivati nella meravigliosa isola di Kos in Grecia, culla della ninna nanna. La ninna nanna è la prima modalità di comunicazione, dove la voce ha un ruolo fondamentale. Essa coinvolge la mente, le emozioni, il corpo. Dalla ventiquattresima settimana di gestazione il feto è continuamente in ascolto e l’intero apparato uditivo è pronto dal punto di vista morfologico e funzionale per ricevere i suoni. Dobbiamo ricordare che l’intelligenza musicale è la più precoce a svilupparsi e resta per tutta la vita.

Secondo molti studiosi il primo strumento di comunicazione tra madre e figlio è la ninna nanna. Ai neonati piace molto sentire una voce conosciuta e a loro non importa se questa voce sia intonata o meno. Il neonato preferisce la voce umana a tutti gli atri suoni, attraverso la voce impara a riconoscere le persone che si curano di lui. È importante usare un timbro di voce dolce e presto il neonato sorriderà nel sentirla.

Durante l’epoca latinala ninna nanna veniva chiamata lallus o nenia ad indicare il lamento funebre o la formula magica proprio per il tono e il ritmo cantilenante.

La ninna nanna è un insieme di parole senza senso unite alla parte più importante della comunicazione: la CNV. È proprio il tatto, gli odori, il ritmo del respiro e del cuore, il tono più o meno sommesso del suono della voce tra madre e figlio, insieme al dondolio, in avanti e in dietro, della cuna o della sedia creano un effetto ipnotico, tranquillizzante per il bambino. Il dolce cullare non fa altro che rispecchiare i movimenti del ventre materno ma anche facilitare la circolazione, la respirazione e agisce sul buon funzionamento gastrointestinale. Questo effetto soporifero viene accentuato dalle parole onomatopeiche, spesso senza senso, come nelle formule magiche. La mamma, mentre canta e culla, stabilisce con il bambino delle esperienze corporee che lo fanno sentire accolto affettivamente, dandogli quella fiducia, quel sostegno, quella sicurezza, che gli procurano il piacere di esistere. La tensione interna è sedata dal timbro della voce, e sublimata attraverso la comunicazione. L’aggressività viene elaborata attraverso la comunicazione di brevi frasi, a volte dolci rimproveri che, attraverso una cantilenante melodia, veicolano contenuti libidico-ambivalenti.

I neonati sono sensibili agli stimoli sonori e lo manifestano reagendo con movimenti delle palpebre, aprendo gli occhi, fissando lo sguardo, cercando la fonte del suono, smettendo di piangere o piangendo…

Le prime loro emissioni sonore sono essenzialmente pianti, lallazioni e suoni espressivi che si vanno diversificando progressivamente in base a ciò che si vuole comunicare e alla sua intensità emozionale. Su questa diversificazione si fondano le basi della comunicazione orale, necessarie nel linguaggio parlato, nel canto e nella musica.

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Canzoncine e filastrocche danno un senso di sicurezza e protezione e sono di sostegno per il progresso emozionale e lo sviluppo della parola.

I più recenti studi di neuroscienze hanno acclarato quanto la maturazione cerebrale sia collegata alla qualità della “regolazione affettiva” che si stabilisce nelle primissime relazioni con i caregivers, strutturandone la funzionalità psichica e la definizione del maschile e del femminile. Prendendosi cura di un bambino, soprattutto nei primi tre anni di vita, non gli si passano solo contenuti, ma gli si insegna soprattutto “come imparare”, a modulare, cioè, la struttura funzionale di base dell’attività cognitiva, che ruota attorno alle funzioni affettive.

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