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V Incontro

Taranta e tamorra, sud Italia

Qualcuno ha detto: Vedi Napoli e poi muori …
Napoli con i suoi vicoli, i suoi rumori, colori, odori…
A Napoli, come in tutte le città del Sud, ci si può perdere in un gioco di luci ed ombre e il tempo appare sospeso e … ognuno di noi può ricercare la sua radice ancestrale …
Abbiamo percorso un viaggio alla ricerca di noi stessi ma anche dell’altro, di quel maschile e femminile che rincorriamo e che ci appare spesso misterioso.
Il viaggio è il varcare una soglia ….. un limite al di là del quale la vita (intesa come esperienza, conoscenza, percezione) anche se in modo impercettibile, si modifica.
E siamo al Sud… travolti dalla musica e dalla danza, una vera e propria gioiosa FESTA del CORPO, in un vortice di suoni, ritmi e danze che ruotano attorno a noi e ci accompagnano dentro il simbolo magico del cerchio.
È nella libera espressione della propria fisicità che si ha la presa di coscienza dei propri limiti, delle proprie capacità al fine di potersi mettere alla prova e migliorarsi accrescendo la propria autostima. L’autostima è un modo di riconoscersi e di essere riconosciuto dall’altro e queste danze hanno un forte simbolismo archetipico che permettono di riappropriarsi della propria fisicità e delle risorse comunicative. La comunicazione con l’altro attraverso dialoghi sonori, lo sviluppo della capacità percettiva, il potenziamento dell’orientamento spaziale e temporale, insieme allo sviluppo della consapevolezza del proprio corpo determinano una maggiore autonomia ed un accrescimento della fiducia e della stima di sé. È un dialogo fatto di movimento, gesti, posture, sguardi, parole, un insieme di un linguaggio non verbale che favorisce l’acquisizione della consapevolezza delle proprie capacità, limitazioni e risorse, oltre alla consapevolezza dello spazio personale ed extrapersonale. Queste danze definiscono il maschile e il femminile, in relazione alla loro origine contadina.
Qui il ruolo delle parti viene amplificato in quanto si riconducono entrambi i generi ad un ruolo simbolicamente e collettivamente visibile e riconosciuto.
Il suono non è altro che un mediatore nella relazione ed apre all’espressione delle emozioni, per cui diventa una melodia che agisce sulla sfera sentimentale. I movimenti del ballo nella coppia sono speculari ed opposti, e si basano sempre sulla piena consapevolezza del corpo in assetto relazionale con l’altro, prescindendo dal fatto se vi sia o meno una personalità od un intenzione suggerita prevalente nell’ animare il ballo.
All’interno della coppia vi è sempre chi guida necessariamente la danza, proponendo i passi ed indirizzando l’energia comune.
Questo tuttavia non è un ruolo rigido, anzi è destinato a mutare in un continuo rimandarsi: tanto maggiore è la comunicazione fra i danzatori, tanto più è possibile uno scambio di conduzione, in un incessante gioco di sfida e o di seduzione reciproca, la cui dinamica rende viva e divertente la danza anche per lungo tempo. I movimenti che si fanno sono speculari a quelli del proprio compagno e viceversa. E’ come ballare davanti uno specchio. Anche il livello di sincronia da raggiungere deve essere molto simile. Si viene a creare un’energia ed un empatia. È un lasciarsi andare e farsi guidare. È un’affidarsi all’altro nella comunicazione naturale di se stessi.
E questa è una regola che vale al di là dei balli che Chiara Friselli e maria Ilaria Di Gaeta oggi vi mostreranno come assaggio del coinvolgente corso di tammorra – tammuriata e autostima da loro proposta.

Vi lascio alla musica e alla danza … Buon proseguimento …

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Capitolo

ReD, Roma
Roma, 22 giugno 2013

Sono davanti al bancone del ReD. Ho appena ordinato un caffè. Sono trascorsi due anni da quando, al ritorno dal mio indimenticabile
viaggio in giro per il mondo ho ricevuto una lettera da Jane. Mi chiedeva di incontrarci. Le indicazioni erano come al solito molto vaghe.
C’era indicata la città: Roma, il locale: ReD e persino l’ordinazione: un caffè al vetro. Sulla lettera non vi era però né il giorno né l’ora.
Ebbene si: questo è il settecentoventottesimo caffè al vetro che ordino qui al bancone del ReD; ormai sono uno di casa. Sono due anni
che alla solita ora mi presento qui e soltanto con lo sguardo faccio la mia solita ordinazione… ma mi sono promesso che questa sarà l’ultima.
Aspetterò ancora qualche minuto poi me ne andrò e non metterò più piede qui al ReD. Non esiste nulla al mondo che può essere atteso per più di due anni; Jane fa parte di quel tutto e quindi da ora in poi di quel nulla.
Giro il cucchiaino due o tre volte. Afferro il bicchiere, me lo porto alle labbra e sento dietro di me due occhi fissarmi. Mi volto e noto una
ragazza guardarmi. Non è Jane. Non ho mai creduto potesse esserlo.
Sarebbe irreale e forzato. Il destino non è irreale: è fluido, logico e regolare. È una chiocciola, è una sezione aurea. Jane rappresenterebbe
ora come ora uno strappo.

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